25 aprile parte lo Scafati Pride: la Costituzione il nostro Manifesto politico.
Ieri, martedì 25 aprile, si è tenuto l’evento di presentazione dello Scafati Pride, programmato per il prossimo 16 settembre. Primo di una lunga serie di iniziative volte a sensibilizzare la città e i paesi limitrofi in vista dell’attesissimo evento, siamo stati ospiti, insieme a diverse altre realtà locali, nella nuova sede di Corto Circuito.
L’evento di presentazione del percorso dello Scafati Pride è stato voluto dal Comitato organizzatore proprio in coincidenza del 25 aprile per rimarcare l’animo intersezionale di questo Pride e per ricordare che le risposte a tante nostre battaglie sono di fatto già scritte da sempre nella nostra Costituzione che solo in una piccolissima parte è una realtà e che in grossa parte invece è profondissimamente disattesa e quotidianamente mortificata. Per questo ripartiamo dalla Costituzione come manifesto politico per lo Scafati Pride.
L’assemblea è iniziata con un’esaustiva spiegazione di Manuel Masucci di Corto Circuito sulle finalità ultime del Pride, facendo riferimento ai punti focali che hanno reso indispensabile l’organizzazione di questa manifestazione LGBT+ in un territorio provinciale come Scafati. In seguito hanno preso parola alcune delle realtà a supporto dell’iniziativa, quali: Antonello Sannino per Antinoo Arcigay Napoli e ANPI – Sezione “Maria Penna e Rocco Caraviello”, Carmela Smaldone per AGEDO Napoli, Chiara Piccoli per ALFI – Le maree, Alfonso Annunziata per ANPI – Sezione “Bernardino Fienga”, Danilo di Leo per Pride Vesuvio Rainbow. Sono stati presenti anche degli esponenti della Casa del Popolo di Scafati e di diverse altre associazioni del territorio.
L’evento di presentazione è proseguito con una cena popolare organizzata dai ragazzi e le ragazze di Corto Circuito ed è terminato con un momento di musica dal vivo, tramite l’esibizione di diversi gruppi locali.
Per maggiori informazioni inerenti agli eventi in vista del Pride di Scafati, è possibile al momento visitare il profilo Instagram @pridescafati2023 o consultare il nostro sito www.pridevesuvio.it
LOGO SCELTO PER LO SCAFATI PRIDE 2023
PIATTAFORMA POLITICA SCAFATI PRIDE 2023
Alla fine degli anni 60’, i moti di Stonewall (New York) aprono le porte ad una delle battaglie politiche più forti e attuali: i diritti della comunità LGBTQIA+ . I “pride” nascono in questa fase, come momento appunto di orgoglio ma anche di lotta di una comunità completamente invisibilizzata e posta ai margini della società. Negli anni le battaglie delle persone LGBTQIA+ si intrecciano con quella di altre soggettività oppresse e discriminate, dalle donne all3 migrant3, mettendo in discussione il conservatorismo e la violenza del sistema.
Quest’anno un gruppo di associazioni, comitati, singoli cittadini e singole cittadine ha deciso di portare questa esperienza di Lotta nella città di Scafati. Le motivazioni sono molte, ma quella principale emerge come un bisogno: costruire una società più giusta, equa, accessibile e senza discriminazioni partendo dalla provincia, dai qui paesi dove purtroppo spesso l’assenza di servizi pubblici adeguati e riferimenti culturali generano solitudine e processi discriminatori.
A cavallo fra due province, Napoli e Salerno, Scafati e tutta l’area del vesuviano sono un contesto fortemente conservatore, in cui le pressioni culturali di una società ipocritamente eteronormata e il degrado di una sottocultura malavitosa e camorrista determinano una profonda marginalizzazione non solo per la comunità LGBTQIA+, ma anche per le donne e l3 migrant3 e in generale della cittadinanza tutta. Per le giovani generazioni, diventa più semplice lasciare la propria terra che immaginare un percorso di riscatto, soprattutto da un territorio sfruttato e devastato come il nostro. Crediamo un momento di lotta che intrecci le battaglie di tutte le persone oppresse possa essere un punto di partenza per immaginare di costruire insieme un percorso alternativo di riscatto e rinascita. Vogliamo partire da punti saldi, proposte concrete, oltre che da un grande momento di piazza che attraverserà tutta la città il 16 Settembre 2023.
SALUTE e BENESSERE
Una società inclusiva e transfemminista non può che partire da un diritto alla salute garantito. Queste non significa soltanto ospedali funzionanti, anche se proprio nella città di Scafati nemmeno questo viene garantito, ma significa anche riflettere su come per le soggettività LGBTQIA+ e le donne venga garantito ancor meno. Pensiamo alla difficoltà enorme che nel nostro territorio ha una donna nel praticare l’IVG (interruzione volontaria di gravidanza) a causa dell’altissimo tasso di personale medico obiettore di coscienza (una media del 70% in Italia con picchi del 90% al sud Italia) e della pressione familiare che spesso soprattutto le donne che non hanno raggiunto la maggior età vivono sul proprio corpo. Se si parla di IVG farmacologica i dati aumentano. La salute riproduttiva è drammaticamente negata, dalle speculazioni violente ideologiche sulla GPA (Gestazione per Altri) alla mancanza di consultori ramificati sul territorio che inficia sulla possibilità di avere informazioni corrette sui propri diritti in questo campo e la difficoltà a reperire contraccettivi d’emergenza come ad esempio la pillola “del giorno dopo”. Inoltre la mancanza di sportelli d’ascolto e supporto psicologico, gratuiti e accessibili, moltiplica la possibilità di scelte estreme, soprattutto fra chi vive costanti discriminazioni per il proprio orientamento sessuale o la propria identità di genere. L’aumento di suicidi, soprattutto fra i giovanissimi ma non solo(pensiamo al caso di Cloe Bianco), negli ultimi anni confermano la mancanza di una tutela del benessere psicologico. Per le persone che vogliono poi intraprendere un percorso di “transizione” mancano completamente nel nostro territorio le strutture medico-ospedaliere adatte o di orientamento, lasciando spesso alla sola attività delle associazioni l’orientamento e il supporto ad un percorso ancora oggi profondamente costoso. Inoltre la penuria di personale sanitario (ginecologi ed endocrinologi) formato e aperto per suggerire/favorire percorsi sicuri di transizione è un tema attualissimo nel nostro territorio dove scarseggia il personale sanitario in generale. La mancanza infatti di un presidio ospedaliero funzionante al è un fattore fortemente impattante sul diritto alla salute territoriale, soprattutto per le minoranze che vivono ulteriori ostacoli materiali all’accesso alla sanità (pensiamo alle discriminazioni che subiscono moltissime persone trans e non binarie nell’effettuare controlli medici, fino alla difficolta dell3 migranti che non hanno accesso ai diritti di cittadinanza). Costruiremo percorsi di sensibilizzazione contro la sierofobia e le discriminazioni ai danni delle persone con HIV, mentre contestualmente avvieremo, nel corso di questi mesi verso il Pride, la costruzione di un presidio permanente per dare corrette informazioni sulle IST (Infezioni Sessualmente Trasmissibili) sulle nuove profilassi (PREP e PEP) e per fornire servizi alla cittadinanza di community-based come l’avvio di un check point HIV e IST nella provincia di Salerno. Non ultima, nel nostro manifesto, il richiamo alla questione ambientale, a partire dal fiume Sarno e al degrado del territorio, spesso ancora sotto il controllo delle famiglie camorriste. Il Pride proverà ad incrociare, in un’ottica intersezionale, tutte le battaglie territoriali sul ripristino della legalità, a tutela dell’ambiente e della salute collettiva.
CONTRASTO ALLE VIOLENZE E ALLA DISCRIMINAZIONE
Una società inclusiva in primis deve essere una società senza violenze e discriminazioni. La marginalizzazione della comunità LGBTQIA+, delle donne e dell3 migrant3 ha le sue radici soprattutto nella violenza. La mancata appartenenza alla categoria dominante del maschio bianco etero e cisgender rappresenta per molt3 nel nostro paese motivo di discriminazione costante in ogni luogo di socialità, ma anche in famiglia e sul posto di lavoro. La quantità di violenze fisiche e psicologiche, denunciate o meno, rappresentano un dato determinante per comprendere da dove passa la battaglia per una società alternativa ed accogliente,
In primis la cultura della violenza è estremamente un fattore culturale, prodotto sicuramente dall’influenza del contesto familiare e dalla mancanza di mass media che non diffondano stereotipi di genere, machismo e cultura dello stupro (su come ci vestiamo, come viviamo le nostre relazioni e il nostro corpo). Questa è indubbiamente una battaglia generale, che non passa soltanto per il singolo contesto locale, ma è a partire dal territorio che si possono creare comunità tutelanti, di supporto e contrasto alla violenza, oltre ovviamente a dover incidere nei percorsi formativi e nelle istituzioni che si occupano di prevenzione a trattare la violenza come un tema prioritario. Nel nostro territorio sono veramente pochi i centri di assistenza alle persone che hanno subito violenze, soprattutto in un’ottica di superamento dalla violenza stessa. Non esistono per niente strutture che si occupino di assistenza legale, economica o di reinserimento al lavoro. La condizione poi delle persone razzializzate diventa in un territorio di periferia come il nostro un’ulteriore cassa di risonanza per la cultura della violenza. L’amministrazioni locali dovrebbero investire maggiormente in strutture pubbliche che possano effettivamente fornire un’assistenza adeguata, gratuita e laica. Infine la discriminazione per le famiglie arcobaleno( dall’adozione, alla maternità surrogata passando per il matrimonio) in queste settimane a causa del governo reazionario di Fratelli d’Italia è tornata alla ribalta, mostrando quanto ancora ci sia da fare per garantire alla comunità LGBTQIA+ la piena libertà e l’esercizio completo dei diritti.
CONTRASTO ALLA POVERTA’
Discriminazioni spesso significa condizioni di marginalità anche economica. Non è infatti un segreto che sebbene si decanti una parità di genere o un’inclusione della comunità LGBTQIA+ in realtà la possibilità di vessare in condizioni economiche peggiori di un maschio bianco etero cis per una donna o per una persona della comunità LGBTQIA+ è molto più alta. Dal gender pay gap (in Italia gli uomini guadagnano in media il 5% in più delle donne, una media europea invece del 12%) alle discriminazioni lavorative per le gravidanze piuttosto che per la richiesta di malattia durante il periodo mestruale. Il congedo di maternità, sebbene sia un diritto, spesso nelle periferie dove abbonda il lavoro “a nero” diventa una utopia. Il congedo mestruale invece è tema di dibattito aperto, poiché ancora non garantito come diritto. La parità economica e la cura delle condizioni materiali deve essere una priorità per le istituzioni se vogliono davvero contrastare le discriminazioni, favorendo l’inclusione attiva nella società, piuttosto che schiacciando il dibattito sulle “quote” (rosa o arcobaleno che siano) da attribuire ai posti di lavoro o in politica. LAVORO DI CURA Inoltre nel nostro paese il lavoro di cura, inteso come la cura del nucleo familiare e della casa, viene completamente relegato alle donne, in alcuni casi quindi diventando un ostacolo concreto alla vita lavorativa o nei casi in cui si faccia per famiglie terze diventa un lavoro completamente sfruttato e sottopagato, spesso svolto dalle donne migranti senza tutele e diritti. Il riconoscimento, la retribuzione del lavoro di cura e l’allungamento del congedo parentale possono essere un passaggio fondamentale per garantire un pezzo dell’emancipazione delle donne e della comunità migrant3.
ISTRUZIONE
Le scuole e le università dovrebbero essere uno dei principali volani nel superamento dell’odio e delle dinamiche discriminatorie. Nelle scuole ancora oggi non esiste un piano di educazione sessuale e all’affettività, che sappia indirizzare i giovani alla cultura del consenso, della prevenzione e della contraccezione, oltre che ovviamente dare gli strumenti per riconoscere e rifiutare dinamiche violente e discriminatorie. In moltissime scuole e università ancora non esistono codici anti-molestia e centri di supporto specializzati, per rendere i luoghi di formazione più sicuri e tutelanti. Sul posto di lavoro risulta un tabù il congedo mestruale, mentre a livello nazionale non esiste una regolamentazione precisa sulla possibilità di avere carriere alias per le persone con identità di genere non conformi. Crediamo ci sia tanto da fare a livello nazionale per rendere le scuole e le università presidi di inclusione, ma crediamo anche che i singoli istituti locali possano dotarsi di strumenti come quelli sopra citati per invertire la rotta sin dal piano locale.